Le 99 cannelle e la favola di Gianni Rodari dedicata a L’Aquila

di Raffaella De Nicola

Forse non è un caso se Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920Roma, 14 aprile 1980) , di cui ricorre il centenario della nascita, sentendo familiare  il richiamo dell’acqua, era nato sul lago d’Orta , abbia ambientato la favola sull’Aquila proprio qui, in questo spazio trapeizodale emblematico, che guardo in questa fredda giornata di pioggia in un autunno appena entrato che si rivela prepotente e smanioso.

“Devi andare all’Aquila, disse la vecchietta, là troverai la fontana delle novantanove cannelle”, così nel Corriere dei Piccoli il 17 marzo del 1963.

Che il grande Maestro piemontese interpretasse il silenzio nascosto fra le cose di ogni giorno, elaborando fantastiche filastrocche, giochi linguistici, libri per bambini, era perché ben sapeva che la fiaba è il posto di tutte le possibilità, la geografia è narrante, l’errore un’opportunità.

rodari

Un suggerimento terapeutico, il suo, contro ogni feroce apparenza e pragmatismo, il ricorrere alla fantasia, ritrovare uno sguardo incantato per addomesticare i mutevoli ingranaggi di questo strano tempo.

Fatto è che davanti a questa scacchiera bianca e rossa, con questo flusso che esce dalle cannelle e si miscela alla pioggia che penetra nelle recenti quinte del parco delle acque, che meriterebbe, peccato!,  una gestione più attenta,  sembra di vederla realmente la storia giocare e spostare i destini fin dal 1272, così è riportato sulla lapide, quando, per volontà del fiorentino Lucchesino da Aleta e del monaco cistercense Tancredi da Pentima, la  leggenda lega il suo omicidio proprio alle 99 cannelle dove sembra sia seppellito sotto la pavimentazione, si realizzarono i mascheroni. All’inizio solo la parete frontale e di sinistra, poi quella cromatica bianca e rossa, i colori della città, come a Collemaggio, infine l’aggiunta nel tempo della seconda vasca, del prospetto di destra e la composizione finale di un auditorium di acque all’interno di un trapezio.
Il nome dell’Aquila appartiene a questo luogo, un utero, in realtà, lo avrà percepito così nella sua intuizione Gianni Rodari?, in cui le abbondanti acque sorgive battezzarono, dal nome Acculi , il nascente comune medievale nel monumento civico più antico della città,  mentre i rumori della costruzione dell’Aquila arrivavano sin qui, alla Rivera , dove le lane venivano lavate e l’odore della lavorazione delle pelli penetrava a via del tannino, via del cuoio, via delle conce, nomi che evocano l’attività della Corporazione dei Lanaioli che tanto consolidò l’economia della città. Grotteschi, antropomorfi, caricature fantastiche o reali, i mascheroni sono i protagonisti di note acquatiche che narrano un progetto coesivo di visione urbana da noi ereditata e non sempre difesa.

cannelle 2

«Una città nuova si rallegra per una fonte nuova ma anche per un antico fiume», l’Aterno, ora  perfetto sconosciuto, ma non prima quando mio padre vi pescava i gamberi, con il sottofondo delle acque rumorose delle cannelle, dalla portata copiosa e dalla temperatura costante anche d’estate.

Quale luogo migliore, per ambientare una favola, quindi, quello dell’acqua che racconta nel suo fluire un’altra storia, che parte dalla fontana madre delle 99 cannelle e arriverà al Parco della Memoria, dove si sta realizzando una fontana a Piazzale Paoli il cui ritardo , certo, non ci onora come comunità? Metafora di morte e rinascita , qui  le lettere della città sono intrecciate all’acqua, materia genitrice dove, davanti le cannelle, fluiva  il canto delle  lavandaie che raccontavano realtà minori,  dove si è condiviso una visione urbana ambiziosa , rispondente a bellezza, davanti un’acqua così trasparente da far invidia all’opaco di oggi e avvolgere di una grande, incredibile, malinconia quella trasparenza, molecola di pura e potente energia, che tutto osava e realizzava.

“Devi andare all’Aquila, disse la vecchietta, là troverai la fontana delle novantanove cannelle”.

Foto in copertina ripresa da: http://www.caroviaggio.it

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